Gioca infralive
Una vasta folla si era radunata di fronte al tempio dei Tre Pilastri di Selvik, da tutti gli strati sociali della città dell’Averlan.
I banditori avevano diffuso la voce in tutte le corti del regno, ed ovunque non fossero giunti i banditori, giunse il passaparola delle lingue curiose:
Sua Grazia la Duchessa Berendy Canned, figlia di sua Grazia il Duca Mongus di Selvik, si sarebbe sposata a breve con Ser Vincenzo Spiriti, un giovane nobilitato, emerso dall’oscurità.
Ed infine, il grande giorno era giunto. Vari nobili dell’Averlan e tutti i notabili di Selvik si erano ora radunati a sfilare davanti al tempio, in un corteo sfavillante e scintillante, osservando e venendo osservati. C’erano il Barone Adrick con la sua famiglia e la Baronessa Giovanna in rappresentanza di Selvik, ma il Conte Malachia ancora non si vedeva da nessuna parte. Seguirono mercanti e funzionari di ogni sorta, desiderosi di mostrarsi quanto più vicini possibile a quella nobiltà, oltre agli innumerevoli popolani della città, tra i quali alcuni, poche decine, che sembravano più pasciuti e meglio vestiti degli altri, inneggiavano con entusiasmo al rito che stava per essere celebrato – erano i sudditi del feudo di Ser Vincenzo. Tra la folla, si scorgeva anche qualcheduno che sembrava un poco fuor di posto, avventurieri dal passato dello sposo, che si diceva arrivassero da luoghi avvolti nel mistero. In molti avevano ricevuto l’invito dagli sposi, inclusi alcuni avventurieri delle terre di Roskall, e naturalmente i Cavalieri delle Stelle del Marchese, anch’essi conoscenze dall’Averlan. Tra tutti, solo non si scorgeva alcun parente dello sposo, o nessuno almeno sembrava far parte della sua famiglia.
Tutti erano ormai entrati, quando come dal nulla, da una delle navate oscure al lato del tempio ed al suono sordo e solenne di un organo, due figure iniziarono ad avvicinarsi all’altare.
Uno dei due, era Ser Vincenzo. Portava un farsetto nero e bianco, ricamato d’oro, col capo scoperto. A tenergli il braccio, vi era un anziano canuto, vestito completamente di nero, dalla pelle pallida. Mentre sfilavano al centro della navata principale, tutti gli occhi erano puntati su di loro. Che strano era quel vecchio, così pallido. Coloro che erano più vicini, lo avevano sentito sussurrare qualcosa a Ser Vincenzo, il quale gli rispose riferendosi a lui come “Maestro”, ma il vecchio aveva un così strano accento… della desolazione di Drokobius? No, non poteva essere. Aveva delle strane mani. Una grinzosa e incartapecorita, da vecchio. L’altra, come se fosse di un ragazzino, liscia e pura.
Giunsero infine ai primi banchi, dove stava seduta la più alta nobiltà, oltre a innumerevoli Maestri della Scuola dell’Ombra Splendente, nei loro vestiti bianchi, neri e d’oro. Accanto a loro, anche la famiglia della sposa, in primis la matronale Duchessa Malda, la moglie del Duca, che annuiva lentamente e con approvazione per lo sposo che procedeva.
Non appena si furono girati verso i banchi, l’organo prese a suonare in modo ancora più sonoro e solenne.
Fu allora che, dalla maestosa porta centrale, la bellissima Berendy entrò nel tempio, al braccio del Duca Mongus, felice in volto. Sotto le maestose volte del tempio dei tre pilastri di Silwood, tra le luci incrociate delle finestre impiombate e colorate, i due, padre e figlia procedevano solenni, con sguardo fiero tra la folla ammirata.
Mentre incedevano nobilmente, tutti nella folla puntavano gli occhi su di loro. Le donne nella folla, in un misto di ammirato stupore ed invidia, studiarono con grande attenzione l’abito di raso e seta, ma soprattutto i gioielli che la ragazza indossava… guardarono gli orecchini di pietre, adornati e incisi, dovevano essere costati una fortuna, realizzati da un maestro orafo… ma ciò che davvero catturò la loro attenzione, fu un anello, così brillante e riflettente, sembrava quasi che fosse esso stesso ad emettere una luce. Conteneva un’enorme pietra blu, e doveva essere stato realizzato da un abilissimo maestro. La Baronessa Alexia, moglie del Barone Adrick, stava dicendo sussurrando alle figlie Rea e Mellida: “L’anello di fidanzamento che Ser Vincenzo le ha donato chiedendola in sposa… almeno 10 monete d’oro vale, soltanto quello” e tutte le donne attorno si voltarono a guardarla con un’occhiata d’intesa.
Giunsero infine all’altare. Sua Altezza il Duca, non senza un moto d’esitazione, pose la mano della figlia nella mano che Ser Vincenzo stava porgendo. Il Sacerdote li guardò benevolo, pronunciando le parole di rito ed invocando I Tre.
Furono così uniti, nel bene e nel male, finché morte non li separi.
La festa fu maestosa. Ci fu da mangiare e da bere in abbondanza per l’intera città, sin da subito. Musici ad ogni angolo delle strade celebravano l’amore dei due sposi, mentre in un grande tavolo imbandito al centro della piazza cittadina, gli sposi sedevano beati accogliendo le congratulazioni e i doni che genti conosciute e sconosciute porgevano loro. Ad un tratto, mentre stava bevendo del vino bianco da una coppa, Ser Vincenzo si sentì urtare da dietro, e rovesciò un poco del vino in grembo. “Per i Tre!” disse in scherno con un sorriso, prima di girarsi a guardare chi fosse stato così scortese. Era sua Eccellenza il Conte Malachia, che già se ne stava andando, noncurante, mentre gli andava incontro barcollante il visibilmente ubriaco cavaliere Velkis, del castello di Sigismor, ruzzolandoci sopra pesantemente. Chi la fa l’aspetti, amico mio… La scena passò ad ogni modo quasi del tutto inosservata, mentre le campane da lontano si univano alla musica dei tanti bardi presenti a quella giornata di festa.
Ad un tratto, uno stormo di colombe bianche si librò in volo tra uno scrosciare di applausi e di festoni colorati imbanditi per l’occasione, quando dunque tutti i musici si fecero silenziosi. Gli occhi si rivolsero verso gli sposi, tra lo stupito ed il preoccupato… la bella Berendy si guardò intorno stupefatta, mentre Ser Vincenzo si alzò baciandole la mano cerimoniosamente, prima di raggiungere sua Altezza il Duca, che lo attendeva presso un vicino podio.
“Ser Vincenzo. Avvicinati, figlio mio. È per la virtù che hai dimostrato, ed in nome dei Tre Pilastri e della luce che da loro discende su di me, per tramite del Re dell’Averlan, che io ti nomino Barone del regno.” Per quanto evidentemente attesa, la collata stupì Ser Vincenzo, che si alzò in piedi con gambe tremanti, e con gli occhi lucidi.
“Vi siete inchinato Cavaliere, vi alzate Barone. In piedi, Vostra Eccellenza Ser Vincenzo!”
Il giovane, visibilmente mosso spiritualmente, si guardò intorno con sguardo intontito, cercando gli occhi della nuova moglie. Sembrava felice e stupito al tempo stesso.
Dalla folla, partendo da un certo gruppo che doveva essere composto dai sudditi del nuovo Barone, iniziò a levarsi il grido di “Viva il Barone Vincenzo! Viva la Duchessa Berendy! Viva gli sposi!”
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